BRAIN COMPUTER INTERFACE, PROF. MURATORE: “ABBIAMO UNA VITA SOLA, LAVORIAMO SU PROGETTI RILEVANTI”

Spostare oggetti su un monitor semplicemente pensando al movimento della propria mano oppure comunicare attraverso la scelta di lettere con la mente: è il mondo delle Brain Computer Interface (BCI), veri e propri trasduttori che trasformano l’attività del cervello in segnali comprensibili da un elaboratore elettronico, in grado poi di convertirli in testo o suono. Le Brain Computer Interface schiudono nuovi scenari sia nella cura di condizioni invalidanti sia nel supporto e nella prevenzione di malattie degenerative croniche, offrendo ai pazienti l’opportunità di migliorare la qualità della loro vita. Le ricerche e le soluzioni che offre il mercato (in costante evoluzione) delle BCI.
Articolo a cura di Massimo Canorro
Giornalista e Web Content Editor

L’occhio è la porta per il cervello. È più semplice da studiare, è più semplice accedervi”. Queste le parole di Dante Gabriel Muratore, professore di bioelettronica presso la Delft University of Technology (il più grande e antico Politecnico olandese), dove dirige il gruppo Smart Brain Interfaces, che approfondisce le soluzioni hardware e di sistema per interfacce cervello-computer ad ampia larghezza di banda, in grado di interagire con il sistema nervoso.

Muratore è nato a Buenos Aires, genitori argentini e nonni italiani, e all’età di 13 anni si trasferisce a Santhià (Vercelli). Quindi studia Ingegneria Elettrica al Politecnico di Torino, per poi conseguire il dottorato di ricerca in Microelettronica all’Università di Pavia. Oggi Muratore sta lavorando (in collaborazione con alcune delle università più importanti al mondo) a un microchip da impiantare nella retina. La sua squadra contribuisce a fornire soluzioni sia per l’elaborazione del segnale neurale su chip, sia per il trasferimento wireless di energia e dati.

In LETSCOM abbiamo avuto l’opportunità di confrontarci direttamente con lui e scoprire che: “La retina rappresenta il luogo ideale per sperimentare un dispositivo in grado di interfacciarsi, alla sua risoluzione naturale, con il sistema nervoso. Il motivo? È più facile da raggiungere rispetto al cervello e ne comprendiamo assai meglio il funzionamento”.

Ciò che stiamo cercando di fare”, ha spiegato a LETSCOM, “è costruire un dispositivo in grado di parlare la stessa lingua della retina per riprodurre artificialmente la sua funzionalità e ripristinare la vista. Ciò comporta enormi sfide tecniche e scientifiche, ragione per cui è indispensabile disporre di un TEAM con competenze trasversali. Per fortuna, insieme al professor E.J. Chichilnisky dell’Università di Stanford, abbiamo un gruppo di ricercatori straordinari che lavorano duramente per affrontare queste sfide”.

MIGLIORARE LA VITA DI MILIONI DI PERSONE

L’obiettivo è chiaro: migliorare la qualità della vita delle persone affette da retinite pigmentosa (gruppo di patologie ereditarie della retina che causano la perdita progressiva della vista fino a giungere, nei casi più gravi, alla cecità completa) e da maculopatia (o degenerazione maculare), malattia contraddistinta dalla progressiva perdita della visione centrale, spesso bilaterale, che circoscrive fortemente la funzione visiva. “Abbiamo una vita sola e tanto vale che la trascorriamo lavorando su progetti rilevanti”, ha sottolineato ancora Muratore, la cui ricerca scientifica si muove nell’ambito delle Brain-Computer Interface (abbreviato in BCI, o anche Brain-Machine Interface, BMI), l’insieme di tecnologie che consentono a un computer di “leggere nel pensiero”. Ovvero, di tradurre in input per il calcolatore gli impulsi elettrici che vengono trasmessi dai neuroni di un cervello umano.

Termine coniato nel 1973 dal belga Jacques J. Vidal, all’epoca ricercatore all’Università della California di Los Angeles, che nel paper “Toward Direct Brain-Computer Communication”1 indicò le BCI per “l’utilizzo dei segnali cerebrali in un dialogo uomo-computer. Oltre mezzo secolo dopo, le Brain-Computer Interface restano una frontiera affascinante nel campo dell’interazione tra l’essere umano e la macchina. Come ci ha specificato lo stesso Muratore: “Il concetto di Brain-Computer Interface potrebbe apparire fantascientifico, ma la realtà è che questi dispositivi stanno già aiutando persone in tutto il mondo a recuperare la capacità di ascoltare e parlare, permettendo a persone paralizzate di controllare dispositivi protesici e alleviando sintomi in pazienti con disturbi neurologici come il morbo di Parkinson”.

In particolare, il professor Muratore identifica lo sviluppo delle BCI in tre step: “Nel presente e in un futuro prossimo, rappresenteranno un’opzione di trattamento per malattie per le quali non esiste una cura. Dopo aver penetrato questo primo mercato, diventeranno il trattamento preferito rispetto alle opzioni farmacologiche quando sarà necessaria una mirata stimolazione del tessuto neurale per ridurre gli effetti collaterali. In un futuro lontano, le Brain-Computer Interface potrebbero essere integrate così profondamente con la nostra coscienza da cambiare il significato stesso dell’essere umano”. Una tecnologia, dunque, “che sarà trasformativa e ci aiuterà a diventare una versione migliore di noi stessi”, come ha concluso.

LE 3 FASI DI UN’INTERFACCIA CERVELLO-COMPUTER

Il 29 gennaio 2024, in un post su X l’annuncio ufficiale di Musk: “Neuralink” – forte dell’autorizzazione dalla Food and Drug Administration (FDA), ha impiantato il suo primo prototipo di interfaccia cervello-computer. Parliamo di una tecnologia innovativa (alla quale già nel 2023 la rivista scientifica Nature aveva dedicato un articolo2, definendolo “l’anno delle interfacce cervello-computer”), il cui obiettivo principale è consentire alle persone con disabilità grave di comunicare con il mondo esterno (o di riacquistare parte delle normali funzionalità del corpo).

Nel dettaglio, le 3 fasi delle soluzioni BCI sono le seguenti.

  • acquisizione del segnale: il dispositivo registra i segnali provenienti dal cervello (nella gran parte delle interfacce cervello-computer, l’input è l’elettroencefalogramma acquisito mediante elettrodi collocati sullo scalpo);
  • processo di elaborazione: estrae e distingue le peculiarità rilevanti dei segnali acquisiti per poi tradurle in comandi comprensibili al dispositivo di output;
  • comunicazione dei risultati: display del pc con target, lettere o icone da selezionare, questo dispositivo restituisce all’utente gli esiti dell’elaborazione del segnale e gli consente di interagire con l’ambiente esterno.

Di fatto, come ammette la stessa Neuralink (che a marzo 2024, sul proprio canale Youtube, ha mostrato in video Noland Arbaugh, tetraplegico dal 2016 e primo paziente al quale è stato impiantato un dispositivo nel cervello), l’obiettivo è permettere alle persone paralizzate di muovere un arto “bypassando” il danno cerebrale che ostacola il loro cervello nel comunicare con una parte del corpo.

NUOVE PROSPETTIVE PER IL MONDO DELLA RICERCA

Il mondo accademico è in fermento e si susseguono gli studi focalizzati sulle Brain Computer Interface. Un TEAM di ricercatori della Stanford University (California) ha messo a punto un sistema che, utilizzando una BCI, riesce a decodificare un parlato con una velocità mai toccata prima (62 parole al minuto); iniziando così ad avvicinarsi alla velocità della conversazione naturale di 160 parole al minuto.

I risultati dello studio, pubblicato su Nature3, sono un rilevante passo avanti per le persone con una patologia neurologica. Nel 2021 erano oltre 3 miliardi in tutto il globo, dunque oltre 1 persona su 3, secondo una ricerca pubblicata su The Lancet Neurology4 con il contributo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’analisi dei dati; individui che presentano spesso rilevanti difficoltà motorie e di linguaggio (perdendo del tutto, in alcuni casi, la capacità di parlare).

E ancora, in Australia, un cittadino di Melbourne, Rodney Gorham (affetto da Sclerosi laterale amiotrofica), sta utilizzando l’innovativo sistema BCI “Stentrode” sviluppato da Synchron, la “rivale” di Neuralink cofinanziata da Bill Gates e Jeff Bezos. Usando le telecamere di tracciamento oculare dell’impianto celebrale, Gorham può selezionare lettere e movimenti del mouse, mentre grazie al pensiero riesce ad effettuare clic muovendo i piedi. Superando così, nel quotidiano, molte delle barriere imposte dalla malattia neurodegenerativa di cui soffre.

  1. Vidal JJ 1973. Toward Direct Brain-Computer Communication. Annu Rev Biophys Bioeng 2:157-80. https://doi.org/10.1146/annurev.bb.02.060173.001105
  2. The year of brain–computer interfaces. Nat Electron 6:643 (2023). The year of brain–computer interfaces | Nature Electronics
  3. Willett FR et al. 2023. A high-performance speech neuroprosthesis. Nature 620(7976):1031-36. https://www.nature.com/articles/s41586-023-06377-x
  4. GBD 2021 Nervous System Disorders Collaborators 2014. Global, regional, and national burden of disorders affecting the nervous system, 1990-2021: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2021. Lancet Neurol. 23(4):344-81. Global, regional, and national burden of disorders affecting the nervous system, 1990–2021: a systematic analysis for the Global Burden of Disease Study 2021 – The Lancet Neurology

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